“Essere un arbitro o un assistente non significa solo applicare le regole del gioco, ma anche saper affrontare decisioni critiche, gestire situazioni di alta pressione e mantenere un equilibrio tra la giustizia sportiva e la propria vita personale”. Inizia così un emozionato Marco Belsanti, assistente di Bari e secondo anno alla CAN, ospite sorteggiato per quest’anno davanti ad una platea con tanti ragazzi giovani in organico sezionale e regionale con una prima fila formata fra gli altri dai CAN Giallatini e Fontemurato, il Componente Can D Dobosz e altri nazionali.
La vita di un arbitro, come quella di qualsiasi altro professionista, è dominata da una serie di priorità. La principale, senza dubbio, è il rispetto delle regole e l’imparzialità. Ogni arbitro, per essere efficace, deve essere costantemente in allenamento fisico e mentale, lavorando sulla propria condizione atletica e sullo studio delle regole del gioco, affinché possa prendere decisioni rapide e accurate durante una partita. “Oltre alla preparazione tecnica, un arbitro deve anche saper gestire le emozioni e le pressioni esterne. Saper bilanciare queste emozioni con la serenità e la lucidità necessarie per svolgere il proprio lavoro è una delle priorità che, un arbitro, porta con sé nella sua vita quotidiana”.
Un altro aspetto importante della vita di un arbitro è la sua capacità di relazione, sia con gli altri ufficiali di gara che con i giocatori. “Quando si entra nel contesto di una partita, la figura dell’arbitro e dell’assistente è centrale nel mantenere l’ordine e l’equità in campo. Le priorità sono molteplici e vanno oltre l’applicazione della legge del gioco. Ogni situazione presenta una specifica necessità di valutazione e di azione”. Ed è così che Marco tramite alcuni video ha interrogato i più giovani sull’individuare le priorità da un lato e dall’altro.
“Per esempio, su un fallo l’arbitro deve avere la prontezza di riconoscere quando un’azione sia da punire, quale sia la gravità della violazione e, se necessario, adottare un provvedimento disciplinare. Gli assistenti, in questo caso, offrono supporto visivo e talvolta hanno una visione più chiara di certi episodi. La coesione tra arbitro e assistente in questo contesto è fondamentale per evitare errori di valutazione, seppur le priorità talvolta possano essere diverse e la capacità di mantenere un atteggiamento sereno ed equo è fondamentale in questi casi, affinché ogni decisione venga presa con la giusta misura”.
Se il fuorigioco rappresenta una delle situazioni più complesse per gli assistenti, il focus di Marco è stato sul concetto di teamwork anche qui. “Siamo arrivati ad un livello tale per cui la comunicazione tra arbitro e assistente deve essere rapida ed efficace, per evitare confusione quando ci si trova a dover prendere una decisione relativa alla punibilità di un fuorigioco”, cercando di aiutare soprattutto chi opera in terreni regionali.
Infine, ci sono numerose altre situazioni che possono sorgere durante una partita e che richiedono la giusta risposta da parte degli ufficiali di gara. “Si pensi, ad esempio, agli episodi di gioco pericoloso, al comportamento antisportivo o alla gestione delle sostituzioni. In tutti questi casi, l’arbitro deve essere pronto a decidere rapidamente e con certezza, tenendo sempre a mente l’equità del gioco e la sicurezza dei giocatori e noi assistenti dobbiamo esserci, non essere passivi, ma snasare le criticità dandogli le giuste priorità laddove serva”.
Alla fine della riunione, scambio di doni fra Marco e il Presidente Domenico Trombetta che lo ha ringraziato per aver dato messaggi chiari e puntuali soprattutto ai più giovani.
Di seguito la gallery della serata:














