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Vi riportiamo l’intervista rilasciata dal nostro neo assistente internazionale Alessandro Giallatini a Francesco Palombi, della rivista “L’Arbitro” nell’edizione 1/2013 a pag. 26-27 della stessa.

– Quali emozioni ha provato quando ti è stata comunicata la nomina ad internazionale?
Ho ricevuto la telefonata da Stefano Braschi che mi comunicava che ero stato inserito nelle proposte per la nomina ad internazionale e in quel momento l’emozione è stata grandissima, impossibile da descrivere ed il pensiero è andato alla mia famiglia e in particolare a mia moglie Emanuela. Nella carriera di un arbitro o assistente sono le persone che ti stanno piu’ vicine che fanno veramente dei sacrifici, perché vivono i tuoi momenti negativi, le tue ansie e le sottrazioni di tempo, mentre le gioie sono spesso ripagate solamente di riflesso.
– Facendo un passo indietro, cosa ti ha spinto a frequentare il corso arbitri e ad intraprendere poi la carriera da Assistente Arbitrale?
Ho iniziato a giocare a calcio sin da piccolo nella squadra del mio quartiere , poi qualche delusione a causa delle non eccelse capacità tecniche mi ha fatto desistere. Quindi mi sono avvicinato all’arbitraggio grazie ad un cugino della mia stessa età che aveva sentito parlare del corso. E’ iniziata così un po’ per gioco, un po’ per curiosità quella passione che mi accompagna da ormai 22  anni. Il ruolo di guardalinee (così si chiamava allora) mi è sempre piaciuto sin da quando noi ragazzi più giovani dell’Otp andavamo, dopo aver arbitrato la nostra partita il sabato pomeriggio o la domenica mattina, in terna con gli arbitri di promozione ed eccellenza della nostra sezione (nel Lazio nei primi anni novanta ancora non esisteva un ruolo specifico). Poi dopo aver arbitrato alcuni anni al Cra fino in prima categoria decisi, nonostante fossi ancora relativamente giovane per l’arbitraggio, di intraprendere quest’avventura affascinante sperando di poter togliermi delle soddisfazioni maggiori”.

–  Quali sono, per te, le caratteristiche di un buon assistente e quali consigli daresti ad un giovane che inizia dai campionati regionali?
Concentrazione, tranquillità ed equilibrio. Ci sono però secondo me dei momenti nella partita dove un assistente deve seguire il proprio istinto, credo sia fondamentale riuscire in alcune occasioni ad assecondarlo, e la forza per capire quel momento te la danno solo le prime tre caratteristiche. Già intraprendere un ruolo diverso rispetto a quello dell’arbitro suscita sicuramente delle curiosità e ti dà dei nuovi stimoli, poi c’è sicuramente la specializzazione che lo rende molto esaltante. Un consiglio che posso dare per quella che potrebbe sembrare una carriera lunghissima se un assistente parte dalla regione è sicuramente quello di porsi degli obbiettivi a breve scadenza che possono essere la designazione per una gara importante, un esordio, il passaggio di categoria e, quando raggiunto, non adagiarsi ma guardare oltre tutto questo con la costante voglia di migliorarsi lavorando sul campo e soprattutto ‘rubando’ il mestiere a colleghi più esperti”.

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– Quali sono le gare che ricordi con maggiore piacere?

“Ce ne sono tantissime; le due finali di coppa Italia in regione, i play off e play out in Can D e Can C, tutti i miei esordi dalla
Promozione alla serie A, le gare all’estero. Quella che però ha sicuramente un posto speciale è la finale Play off di serie B tra Novara e Padova il 12/06/2011. Lo storico ritorno in serie A del Novara dopo 55 anni, ma l’altrettanto ‘storico’ (almeno per noi) ritorno nella massima serie di Marco Guida, Fabiano Preti e Alessandro Giallatini dopo la divisione della CAN A e B. L’abbraccio nello spogliatoio al termine della partita insieme a Nicola Stefanini, che faceva parte della nostra squadra, rimarrà tra i momenti più emozionanti
della mia vita”.

Ci sono stati momenti difficili nel tuo percorso?
“Moltissimi! E credo siano stati i momenti più importanti per la mia crescita professionale. Gli errori sono fondamentali per l’esperienza, è dalle situazioni difficili che si impara e si riparte. Ricordo ad esempio la mia prima partita a livello nazionale Siena Fermana di campionato Primavera, non feci un buon esordio e riuscire a rimediare quel cattivo inizio di stagione fu molto difficoltoso. Oppure in serie C… fui praticamente l’ultimo dei <primi anni> a fare l’esordio in serie C1, quando arrivò quella designazione la vissi quasi come una liberazione!”

La nomina ad internazionale rappresenta una delle vette arbitrali maggiori. Quali obiettivi ti poni ora, nell’immediato futuro?
“Essere designato per una partita di serie A! Intanto perché vengo da un periodo di infortunio e il mio pensiero in questo momento è di raggiungere il 100% fisicamente, poi perché sono abituato a pormi degli obbiettivi a brevissima scadenza,  fare bene la partita per essere designato per la prossima”.

Hai già diretto diverse gare all’estero. Puoi raccontarci qualche aneddoto curioso da queste esperienze oltre confine?
“Tutte le ‘uscite’ oltre confine ti lasciano qualcosa e gli aneddoti sono legati alle persone che mi hanno accompagnato: ad esempio l’enorme disponibilità di Banti, Nicoletti e Russo alla mia prima per la UEFA nel mitico stadio della Honvéd di Ferenc Puskàs, oppure quando Nicola Rizzoli mi ‘costrinse’ a fare un discorso in inglese a cena dopo Twente-Bursaspor, andai liscio come l’olio fino ai ringraziamenti verso il delegato Uefa del quale non ricordavo il nome e me la cavai con un generico <Mister Delegate>. Quando insieme a Valeri ricordavamo, mentre eravamo in aereo verso Oslo, le nostre trasferte più agevoli nei campi del Lazio. Io e Paolo siamo nati e cresciuti insieme nello stesso quartiere e capitò una volta di andare ad arbitrare una partita di Eccellenza quasi a piedi. Poi c’è il Mini Tournament dove mi è capitato di fare delle partite con colleghi di altre federazioni Michael Oliver e Ivaylo Stoyanov. Infine il C.O.R.E. il corso Uefa che ho avuto il privilegio di seguire insieme a Guida e Preti in due diversi periodi per un totale di 18 giorni, lì abbiamo avuto la possibilità di conoscere arbitri e assistenti di tutta Europa, un’esperienza incredibile che porteremo sempre nel
nostro bagaglio umano e professionale”.

Chi è Alessandro fuori dal mondo arbitrale?
“Mi occupo insieme alla mia famiglia (che mi copre nei periodi di assenza) del nostro negozio di articoli sportivi a Roma mentre
nel tempo libero mi piace andare al cinema, leggere un buon libro ma soprattutto, quando né ho l’opportunità, amo viaggiare: scoprire nuove culture più o meno distanti dalla nostra è una cosa che mi affascina moltissimo. Poi c’è la mia famiglia, la parte
più importante. Al momento è formata da me e da Emanuela, ma siamo ormai arrivati insieme circa alla metà del nostro percorso genitoriale adottivo, l’esperienza più bella che mi potesse capitare, ed è appena iniziata! Quello che verrà sarà, anche se più difficile, ancora più bello ed emozionante!”

– Quali ringraziamenti ti senti di fare, e a chi vuoi dedicare un traguardo così prestigioso?
“A tutte le persone che mi sono state vicine nei momenti più o meno felici, da mio padre che mi accompagnava quando cominciai ad arbitrare a mia moglie che mi sopporta tutti i giorni. Poi a tutti gli Organi Tecnici, gli Osservatori, i colleghi da cui ho tratto esperienze per questo lunghissimo percorso; ma in particolare lo dedico alla mia sezione, la Sezione AIA ROMA2 “Riccardo Lattanzi” che mi ha dato tantissimo soprattutto in termini umani, per l’affetto, l’amicizia e perché ha contribuito a crescere quel ragazzino di 15 anni che bussava a quella porta e senza esitazione l’ha accompagnato sino a farlo diventare adulto”.

ALESSANDRO, ROMA2 E’ FIERA DI TE!